La storia del Fiano di Avellino

Furono i Greci a portare in Italia l’originario vitigno del Fiano, la “Vitis Apicia”: le prime viti furono piantate a Lapio, una località che prese il nome dall’uva; coltivate nel cuore dell’Irpinia, ovvero la provincia di Avellino. Lapio, ad oggi, rientra in due Reali D.O.C.G. (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) Fiano di Avellino e Taurasi. La terza areale dell'Irpinia è il Greco di Tufo.

Il Fiano di Avellino è un vino italiano che beneficia della menzione Denominazione di Origine Controllata e Garantita, come da disciplinare, viene vinificato in 26 comuni:  Avellino, Lapio, Atripalda, Cesinali, Aiello del Sabato, Santo Stefano del Sole, Sorbo Serpico, Salza Irpina, Parolise, San Potito Ultra, Candida, Manocalzati, Pratola Serra, Montefredane, Grottolella, Capriglia Irpina, Sant’Angelo a Scala, Summonte, Mercogliano, Forino, Contrada, Monteforte Irpino, Ospedaletto d’Alpinolo, Montefalcione, Santa Lucia di Serino e San Michele di Serino

Da disciplinare il Fiano di Avellino DOCG esce in commercio dopo 2 anni dalla vendemmia.

L’attuale zona di produzione della docg Fiano di Avellino nella sua attuale conformazione fu così già descritta nel 1642 dallo storico Fra’ Scipione Bellabona nei “Raguagli della città di Avellino”. L’areale del Fiano di Avellino DOCG, si presenta, sotto il profilo delle caratteristiche litologiche del substrato (Servizio Geologico d’Italia, Foglio 185 “Salerno”), notevolmente articolato, stante anche la significativa estensione dello stesso. La fascia più ampia, quella centrale, che comprende i territori comunali (da nord verso sud) di Grottolella, Montefredane, Avellino, Forino, Contrada, Cesinali ed Aiello del Sabato, è caratterizzata dalle stesse cineriti ocracee e livelli di pomici del II periodo flegreo, alternanti a paleosuoli e materiale detritico sciolto e piroclastiti s.l. con rari livelli tufi tici e piccole pomici dell’areale del Greco di Tufo, o dall’appoggio delle stesse sopra argille, argille marnose e sabbiose, talora con gessi.

Nella fascia occidentale i territori di S. Angelo a Scala e Summonte vedono la presenza di arenarie con intercalazioni di marne; quelli di Ospedaletto d’Alpinolo, Mercogliano e Monteforte Irpino delle stesse cineriti della fascia centrale, anche in appoggio su calcari. 

Più articolata la fascia orientale: quelle stesse cineriti nei territori di Pratola Serra e Manocalzati riposano sopra argille ed argille marnose, talora con gessi ed in quelli di Lapio ed Atripalda sopra argille varicolori con intercalazioni lapidee, che rappresentano anche il solo litotipo presente nelle aree di Montefalcione, Parolise e S. Potito Ultra. Nei territori di Salza Irpina e Sorbo Serpico, prevalgono nettamente argille marnose e sabbiose ed argille varicolori; in quello di S. Stefano del Sole, la successione litologica è caratterizzata da depositi detritici, che poggiano sopra argille, a loro volta a tetto di calcari. Depositi detritici ed alluvionali affi orano a S. Lucia di Serino e, a tetto dei calcari, a S. Michele di Serino.

Clima
Le condizioni termiche, idrometriche ed anemometriche che caratterizzano l’areale sono pressoché ideali per un processo di maturazione caratterizzato da gradualità ed equilibrio tra tenore zuccherino e acidità, consentendo l’ottenimento di produzioni enologiche pregiate. Tale favorevole situazione è chiaramente dovuta alla posizione geografica e all’orografia del territorio. L’andamento climatico sia dal punto di vista termico che delle precipitazione è fortemente influenzato dai numerosi ettari di bosco che ricoprono i monti che caratterizzano l’ambiente circostante e che ne sfavoriscono il surriscaldamento. In generale, il clima invernale è rigido, non di
rado ci sono precipitazioni a carattere nevoso, come il clima estivo è alquanto mite.

La coltivazione della vite nell’area è antica e connessa allo presenza del fiume Sabato che attraversa le formazioni collinari che la caratterizzano e deriva il nome dal popolo dei Sabini, il cui eponimo era Sabus (Cat. apd. DYONIS, II, 49; LIB. VIII, 41) o Sabatini, una tribù dei Sanniti stanziatasi nel bacino del fiume Sabatus (Livio). Nella zona di origine il comune di Lapio, sito nelle colline ad Est di Avellino ad un’altitudine di
590 m s.l.m., è ritenuto luogo che spiega la possibile origine “nativa” del vitigno come si reperisce anche in una pubblicazione del 1642 del frate Scipione Bella Bona dal titolo: «Ragguagli della città di Avellino», nella quale l’autore, parlando dell’antica Avellino, racconta che presso i suoi confini esistevano tre castelli di cui uno a Monteforte, un altro a Serpico ed il terzo situato nell’area agricola detta Apia (oggi Lapio) dove si produceva il vino chiamato Apiano

Nel XIX secolo l’attività vitivinicola dell’intera provincia, con una produzione superiore a un milione di ettolitri largamente esportati, e dell’area del Fiano di Avellino, sono l’asse economico portante dell’economia agricola degli anni e del tessuto sociale tanto da portare alla costruzione della prima strada ferrata d’Irpinia, da lì a poco chiamata propriamente “ferrovia del vino”, che collegava i migliori e maggiori centri di produzione vinicola delle Colline del Sabato e del Calore direttamente con i maggiori mercati italiani ed europei. In particolare nell’area del Fiano, ancora
oggi, sono presenti le stazioni ancora esistenti di: Avellino e Lapio.

Contribuisce a far diventare l’area uno dei più importanti centri vitivinicoli italiani l’istituzione della Regia Scuola di Viticoltura & Enologia di Avellino che sarà l’artefice della diffusione del Fiano nell’hinterland di Avellino e in tutta l’area della media valle del Sabato. La presenza della Scuola, quale propulsore del progresso socio-economico, porterà la filiera vitivinicola Avellinese a divenire uno delle prime provincie italiane per produzione ed esportazioni di vino, principalmente verso la Francia, come le fonti dimostrano.

A livello scientifico la valenza tecnico-economica delle produzioni del Fiano di Avellino viene riconosciuto in tutti gli studi di ampelografia e enologia succedutesi nel tempo. Nel 1882 il direttore della Scuola Enologica di Avellino Michele Carlucci, renderà pubbliche le “osservazioni fatte in 14 di vinificazione in separazione dell’uva Fiano e i metodi di vinificazione per essa sviluppati in onore colla richiesta commerciale”. Nel 1956, l’Office International du Vin pubblica integralmente lo studio ampelografico sul Fiano di Violante e Ciarimboli, i quali confermano: “è vino del vitigno coltivato nelle provincie meridionali e specialmente nell’avellinese fino dai tempi antichi”.

Per il Fiano di Avellino si individuano quattro "terroir" di elezione dove le caratteristiche varietali del vitigno Fiano si esprimono, seguendo un comune filo conduttore, con accenti e sfumature peculiari a seconda di altimetria, esposizioni e composizione dei terreni. 

Lapio: si ottengo vini ricchi di struttura in gradi di esprimere doti non comuni di acidità e mineralità. La spiccata connotazione aromatica, poi, fa sì che i vini fiano di avellino ottenuti in queste zone assomiglino non di rado a veri e propri vini di montagna.

Summonte: terreni difficili da lavorare. I vini offrono concentrazione, potenza con note corredo fruttato e poco minerale. Vini potenti e dotati, ripeto, di un notevole corredo fruttato.


Montefredane: collina arigllosa e cretosa che esalta le note minerali che caratterizzano vini di ottima longevità ormai dimostrata.


Fascia collinare ad est di Avellino non può identificarsi con un solo comune essendo numerosi i centri interessati alla produzione. Qui i terreni sabbiosi regalano note tipiche di nocciola tostata che richiamano un carattere affumicato di origine non minerale. Vini pronti nel medio periodo.
Il Fiano di Avellino rappresenta la punta di diamante dell'enologia bianca meridionale: acidità e finezza sono le due caratteristiche che lo rendono appetibile per la grande massa dei consumatori mentre gli appassionati lo apprezzano per la sua incredibile propensione all'invecchiamento.
La tradizione viticola di questa area in provincia di Avellino ha radici profonde e consolidate da un notevole e continuo apporto tecnico scientifico e da un impegno esemplare dei produttori che, con costanti risultati colturali e tecnologici di rilievo, hanno contribuito a migliorare la qualità e a diffondere ed a far affermare i vini Fiano di Avellino sui mercati nazionali e internazionali.